
“Il virus ha evidenziato problemi strutturali che vanno affrontati. Abbiamo quindi bisogno di una riforma del servizio sanitario nazionale”, con queste parole il Ministro della Salute Roberto Speranza ha aperto la strada ad una revisione complessiva della sanità italiana. Nella nuova legge di bilancio emergono tuttavia dei dati che sembrano essere in perfetta continuità con la strategia adottata negli ultimi 30 anni, e cioè la logica del risparmio ad ogni costo.
300 milioni di euro di tagli?
Leggiamo quindi cosa prevede nello specifico questa nuova legge
Dall’anno 2023 per effetto dei processi connessi alla riorganizzazione dei servizi sanitari anche attraverso il potenziamento dei processi di digitalizzazione, si prevede una minore spesa di 300 milioni di euro annui, con conseguente riduzione del livello del finanziamento.
Proviamo a tradurre questo concetto. In pratica il Governo ci sta dicendo che grazie ad un non meglio precisato processo di digitalizzazione del settore sanitario si potrà ottenere un risparmio sulla spesa pari a 300 milioni di euro annui. Ma è davvero un risparmio oppure si tratta di un modo gentile per descrivere nuovi tagli?
Per rispondere occorre sottolineare come il processo di digitalizzazione della sanità che il Governo dà come per scontato, senza però specificarne tempi, modi e costi, si fonda sull’aspettativa del Recovery Fund, il fondo previsto a livello europeo per fronteggiare la crisi dovuta al Covid.
La fiducia in un Recovery Fund che sembra non arrivare mai
È proprio da questo fondo che il Ministro Speranza prevede di ottenere, a prestito, 127 miliardi per la riforma della sanità. E la digitalizzazione rientra tra le linee guida dettate dall’Unione europea a cui ogni Stato membro che intende ottenere questi fondi deve attenersi. I calcoli sui benefici apportati dalla digitalizzazione sono quindi del tutto ipotetici, considerato che l’accordo sul Recovery Fund è ancora lontano dal vedere la sua definizione.
Ad ogni modo i 300 milioni di euro, quelli che il Governo chiama risparmi, si comprendono alla luce della natura stessa del Recovery Fund e della logica europea di un ritorno alla cosiddetta stabilità finanziaria. I 127 miliardi di euro sono infatti un prestito e come tale dovranno essere restituiti nel tempo con gli interessi. Allo stesso tempo l’Unione europea sta chiedendo agli Stati membri di prevedere un rientro tempestivo all’interno dei parametri di spesa fissati con il Trattato di Maastricht.
La sanità italiana avrebbe bisogno di altro
Ecco quindi spiegati i 300 milioni di euro annuali nella Relazione tecnica, che a questo punto dovrebbero essere chiamati con il loro vero nome e cioè tagli. Eppure la crisi del Covid ha reso di semplice comprensione quelli che sono invece i bisogni reali del settore sanitario.
L’Italia ha bisogno di assunzioni su larga scala di medici e infermieri, gli esperti del settore parlano di una carenza di 30mila unità. C’è urgenza di investimenti infrastrutturali, con riapertura degli ospedali territoriali che erano nel tempo stati chiusi. C’è infine necessità di investimenti in formazione e ricerca. Insomma l’esatto opposto di quello che hanno in mente Roberto Speranza e l’Unione europea.
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